Gli apparati critici delle opere di Gabriella Ceccherini
Work in progress
La luce, il colore, il movimento, la materia. In pochi ma densi anni di lavoro le tele di Gabriella Ceccherini
hanno subito una metamorfosi che è lo specchio di una evoluzione.
Proprio il decennio degli anni '90 segnava l'inizio dell'avventura pittorica dell'artista veneta. Gli schizzi e
gli studi grafici ripercorsi in anni di apprendistato artistico, nel rigore della disciplina, a partire da quegli
anni sembrarono riversarsi come un magma sulle tele. I segni e i disegni si trasponevano direttamente sulla tela,
non c'era più la mediazione della carta.
Contemporaneamente il colore esplodeva con i gialli, i rossi, i neri; la visione si faceva sempre più sincopata.
La musica che ci richiama, era il jazz americano, i colori i gialli di Kandisky, le forme quelle organiche
della natura in trasformazione.
Poi, ad un tratto, più nulla. Silenzio. C'è la vita di tutti i giorni, alla quale si ritorna come ad un porto
tranquillo o nella quale si entra come in un vestito troppo stretto, alternativamente.
Così, dopo il silenzio come alla fine della notte, i contorni delle emozioni e delle cose definiscono le
forme che si scontravano e si compenetravano.
Chiamiamo tutto ciò ricerca. E gli artisti pare ce l'abbiano nel sangue. Anzi pare proprio che quando
trovano le frasi che completano i loro deliri, devono trovare anche nuovi quesiti, problemi e questioni
sempre aperte.
Di delirio si tratta anche nella serie di lavori che ha composto la rassegna intitolata "Verità in bilico"
che di recente ha inaugurato un nuovo ciclo di opere. I riferimenti visivi ruotano attorno alla dimensione
onirica ed alle immagini dell'infanzia. La sintesi iconografica, nella stringatezza del linguaggio simbolico,
tende a chiudere un cerchio all'interno del quale la sfera intima si propone al pubblico ed al tempo stesso
oppone la fermezza volutamente irrazionale, della sua unicità.
La facilità nella grafica, nel colore, nella forma, tratto distintivo della Ceccherini, non portano ad una
banalizzazione dei contenuti. Al contrario offrono un universo di riflessioni che hanno la leggerezza di
un film della nouvelle vague.
Le ultime opere di Gabriella Ceccherini ci ricordano che proprio quando crediamo di essere arrivati
siamo - ancora, sempre - in viaggio.